Villa Schneider deve il suo nome al fatto di essere appartenuta a Daniele Schneider, un industriale laniero francese, nato a Mulhouse, in Alsazia, il 27 settembre 1868, figlio unico di una modesta famiglia. Giunse a Biella nel 1900 fu operaio meccanico, ma grazie alle sue qualità d’imprenditore diventò direttore della Filatura di Tollegno sotto i Sella.
Daniele visse nella villa con la sua famiglia sino all’ 8 settembre 1943 quando i Tedeschi lo costrinsero a cedere la casa per installarvi il loro comando di Polizia Militare, così decise di trasferirsi in Francia e nel 1947 fu nominato socio onorario dell’Associazione Laniera Italiana. Morì il 12 settembre 1957.
La villa in stile liberty fu costruita l’11 settembre 1898.
Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943 le SS Tedesche e italiane si insediarano per i venti mesi di occupazione. Il presidio di Villa Schneider era formato dal tenente Schunche, da due sottufficiali tedeschi e da 7 italiani. Questo reparto era un nucleo scelto che aveva il compito di lotta antipartigiana che negli scantinati bui della vita, diventati luoghi dell’orrore in quegli anni, avevano commesso numerose persecuzioni, arresti, interrogatori e violenze nei confronti dei partigiani e dei loro famigliari.
Per cercare di ricostruire la natura dei fatti a cui venivano sottoposti i partigiani e i loro collaboratori all’interno di Villa Schneider, si dispongono di due fonti: le sentenze e le testimonianze raccolte dal giornale “Baita”.
Alcuni testimoni hanno raccontato i giorni trascorsi nella villa: dopo l’Armistizio alcuni partigiani stranieri si unirono a quelli italiani rifugiandosi nelle montagne soprattutto a Sala Biellese divenuta protagonista nella lotta della Liberazione. Coloro che entrarono nella villa la descrivono come un luogo cupo e freddo, in cui i prigionieri venivano portati ogni giorno al Piazzo dove erano interrogati ma pochi tornavano indietro.